Gl'innamorati deludenti

Sono andato ad assistere agli “Innamorati” di Carlo Goldoni presso il teatro a Venezia che porta proprio il nome dell’autore, con tutta la buona volontà e con molte aspettative positive.

Per la regia di Andrea Chiodi, l’adattamento è di Angela Demattè e gli interpreti sono Alessia Spinelli (Lisetta) e Ottavia Sanfilippo (Flamminia) con gli attori e le attrici della Compagnia Giovani del TSV: Gaspare Del Vecchio (Fabrizio), Elisa Grilli (Eugenia), Cristiano Parolin (Fulgenzio), Francesca Sartore (Clorinda), Leonardo Tosini (Roberto), Gianluca Bozzale (Ridolfo), Riccardo Gamba (Servo). 

Da quello che mi avevano detto, dalle anteprime che avevo visto sul web, da ciò che avevo potuto leggere, mi aspettavo un gran bello spettacolo, in linea peraltro con i miei gusti: una trasposizione moderna della commedia goldoniana mandenendo la forma, la linearità e i colori dei costumi stilizzati, e facendoli vivere in un contesto scenografico essenziale, lineare e moderno.

Nel passato ricordo di aver assistito, forse nello stesso teatro, interpretazioni che mi avevano entusiasmato: per citarne solo una, quella di Gabriele Lavia, nel Vero Amico, di moltissimi anni fa, dove al centro della commedia, come ne Gli innamorati, ci sono i contrasti tra amore e amicizia.


Alcune mie aspettative dunque sono state soddisfatte. Ma sono state alcune scelte registiche che non mi hanno del tutto convinto: innanzitutto il colore della scena completamente e perennemente gialla. Sul foglio di sala non si spiega la scelta (mentre lo si fa abbondantemente per il verde, il colore degli abiti). Al di là del significato che si può intuire (il giallo è il colore della luce, della passione, della vivacità e dell’ebbrezza - come spiega anche Goethe nella sua Teoria dei colori) per lo spettatore (o almeno per me) non è stato facile passare due ore con questo po’ po’ di “faro” perennemente puntato agli occhi e che illuminava costantemente anche la platea, oltre a ostacolare la lettura dei sovratitoli in francese e in inglese che accompagnavano la recitazione.


Ma al di là dei colori e delle scelte scenografiche sono state alcune scelte registiche che non condivido e che ho trovato illogiche o - più semplicemente - ripetitive, sciocche o irrazionali. Soprattutto l’illogicità: secondo il mio modo di vedere, a teatro ogni gesto e ogni parola devono di necessità avere un significato e devono portare un valore aggiunto alla scena e al testo. Alcune trovate, alcuni gesti o alcune scelte, mi hanno lasciato l’amaro in bocca e alcuni “perchè” a cui, probabilmente per miei limiti, non sono riuscito a rispondere.

Solo per fare un esempio, l’uso del nudo in apertura: quale senso aveva?  quale valore aggiunto dava all’equilibrio e ai colori della scena?


Io sono convinto nel mio piccolo, che la regia non avesse le idee del tutto chiare e di questo trovo conferma anche nelle note del pieghevole di sala, poco lineari, un po’ arruffate e infarcite di banalità. (“Sotto le gelosie di Eugenia, le invidie di Flamminia e le smancerie di Fabrizio c’è una società in decadimento”)


Al di là del fatto che la compagnia indugia spesso - atteggiamenti che solitamente si lasciano alle filodrammatiche - su “divertissement buffi e ruffiani” (nel gergo teatrale vengono chiamate “caccole”)  che non riescono a strappare comunque la risata.


Senza contare poi che gli attori e le attrici devono certamente crescere anche nella tecnica. Personalmente ero in platea, forse sono un po’ sordo, ma molto spesso non mi arrivavano le parole o le loro “finali”. Ciò avveniva soprattutto quando la recitazione non era frontale, per non parlare di alcune battute che sono state recitate con un “soffiato” che non arrivava neppure, credo, alla prima fila della platea.


Insomma a parer mio un’occasione persa nel voler far rinascere un capolavoro come “Gli Innamorati” che di per sé, anche alla lettura, appare talvolta delicatissimo, talaltra ritmico e leggero, come lo sa essere sempre la penna squisita di Carlo Goldoni. Invece lo spettacolo, a tratti, appare noioso nel ripetersi delle “baruffe” tra innamorati, ma appare anche senza idee e dà l’impressione che il regista lo abbia costruito senza la dovuta passione, quella passione così viva e così folle che è l’amore e che gli Innamorati dovevano mostrare.

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